AI, Marketing e il Pericolo dei Desideri Esauditi Troppo Facilmente
- Geo Ceccarelli
- 6 mag
- Tempo di lettura: 2 min
Una lampada magica, un genio (artificiale) pronto a esaudire ogni desiderio, e una promessa allettante: "Non avrai più bisogno di agenzie pubblicitarie".
Ho voluto indagare le implicazioni profonde dietro la provocazione lanciata da Mark Zuckerberg sull'AI generativa che rende obsoleta la creatività e la strategia tradizionali.

Niente più intermediari, solo strumenti, algoritmi e performance misurabile. Sembra l'efficienza fatta desiderio. Ma, come suggerisce la metafora del genio, siamo sicuri di aver chiesto la cosa giusta? O di aver capito chi serve veramente questo potente strumento?
L'Indagine Strategica: Abbiamo Preparato Noi la Lampada?
La mia analisi non si concentra tanto sulla dichiarazione in sé, quanto sul perché questa idea trovi terreno fertile. Sostengo che, per anni, una parte del settore marketing e delle agenzie ha abdicato al proprio ruolo strategico, inseguendo l'ossessione per le metriche di delivery (reach, CTR, CPM) e la performance a breve termine, spesso a scapito dell'idea originale e della costruzione di valore duraturo per il brand. Abbiamo riempito report di dati facilmente misurabili senza forse interrogarci abbastanza su cosa significhino davvero.
Come "Ragionano" gli Algoritmi (e Perché Dovremmo Preoccuparcene)
Ho cercato di spiegare, con l'analogia di un selezionatore musicale miope, come funzionano spesso gli algoritmi delle piattaforme: il loro obiettivo primario è massimizzare l'engagement previsto nell'immediato, basandosi su ciò che ha funzionato in passato per utenti simili.
Non sono programmati per valorizzare l'originalità o il contesto profondo, ma la prevedibilità statistica.
Questo porta a un circolo vizioso di omologazione: i contenuti che assomigliano a ciò che è già "performante" vengono premiati, diventando lo standard non perché migliori, ma perché più sicuri per l'algoritmo. Le metriche come il CTR o il CPM, prese isolatamente, misurano più il "rumore" dell'interazione superficiale che il "segnale" del valore reale.
Il Paradosso del Genio: Tutti Uguali nell'Era dell'AI?
L'AI generativa è uno strumento potentissimo, ma se tutti la usano nello stesso modo, per ottimizzare le stesse metriche superficiali, come ci si differenzia? Se ogni brand esprime alla piattaforma lo stesso desiderio generico ("più clic!", "più conversioni!"), il rischio è un appiattimento generale, dove l'efficienza dell'output non corrisponde più a un'efficacia strategica distintiva. Chi creerà i contenuti che "restano"?
Il Futuro Ruolo della Strategia e della Creatività
Il futuro ruolo delle agenzie e dei consulenti strategici non è destinato a scomparire, ma a evolvere. Non più (solo) produttori di output, ma interpreti critici, guide strategiche capaci di usare l'AI in modo intelligente e non subordinato, custodi dell'unicità del brand e generatori di quella scintilla creativa che l'algoritmo non può replicare. Il "genio" ha bisogno di un "padrone" con visione.
I 3 Takeaway dell'Indagine:
Dall'analisi emergono tre punti chiave:
Il problema non è l'AI, ma l'averla usata spesso per mascherare un vuoto strategico preesistente.
Le metriche comuni non sono verità assolute, ma riflessi di un sistema che privilegia la performance prevedibile immediata.
La vera creatività e la strategia non devono servire l'algoritmo, ma usarlo criticamente per obiettivi più alti.
Conclusione: Attenzione a Cosa Desideri (e a Chi lo Chiedi)
L'AI è un genio potente uscito dalla lampada. Ma siamo sicuri di aver formulato il desiderio giusto? O stiamo lasciando che il genio persegua i suoi obiettivi (quelli della piattaforma) invece dei nostri obiettivi di brand a lungo termine?
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